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Tumore del rene

Tumore del rene

Dr. Francesco Curto

Diffusione

Il carcinoma del rene rappresenta circa il 3% di tutti i tumori. Con la diffusione dell’ecografia e della TAC è aumentata la diagnosi di tumori renali asintomatici. La probabilità di sviluppare il tumore cresce con l’aumentare dell’età con un picco di incidenza tra i 60 e 70 anni e con una maggiore diffusione tra gli uomini rispetto alle donne (3 a 2).
I tumori su base eredo-familiare rappresentano il 3-5% di tutti i tumori e oltre a forme familiari sono descritte in letteratura 10 sindromi genetiche tutte ad eredità autosomica dominante tra cui la Sindrome di Von Hippel-Lindau, la sclerosi tuberosa, la sindrome di Birt-Hogg Dubè, la leiomiomatosi ereditaria.

Fattori di rischio e prevenzione

Tra i fattori di rischio legati allo stile di vita i principali sono il fumo di sigarette, l’obesità, l’ipertensione e il diabete. Avere un parente di primo grado con tumore è associato ad un rischio più elevato di tumore. L’assunzione moderata di alcol e l’attività fisica sembrano avere un ruolo protettivo. La prevenzione più efficace è evitare il fumo e perdere peso.

Sintomi

La maggior parte dei tumori renali nelle fasi iniziali rimane asintomatico fino ad uno stadio avanzato di malattia quando può presentarsi la classica triade: dolore al fianco, riscontro di sangue nelle urine (ematuria) e presenza di una massa addominale palpabile. In circa il 30% dei pazienti possono evidenziarsi sindromi paraneoplastiche come un aumento dei globuli rossi (policitemia) o elevati livelli di calcio nel sangue (ipercalcemia). Dolori ossei e tosse persistente possono rilevare una malattia metastatica.

Diagnosi

Il tumore del rene viene frequentemente diagnosticato incidentalmente durante una ecografia dell’addome eseguita per altri motivi. L’ecografia è in grado di distinguere una formazione solida da una formazione cistica. La TAC o la risonanza magnetica con mezzo di contrasto consentono di confermare la diagnosi e l’estensione del tumore inclusa la diffusione extra renale ed ai linfonodi oltre a fornire informazioni sul rene controlaterale. In casi selezionati può essere effettuata una biopsia percutanea del rene sotto guida ecografica o TAC per conoscere l’istologia della massa renale.

Tipologia, stadiazione e prognosi

Esistono diversi tipi di tumore e circa il 15% sono benigni, ma tutte le masse renali devono essere esaminate dal patologo per escludere la malignità. Il carcinoma renale origina dalle cellule dei tubuli dei nefroni, le unità funzionali del rene. I tumori renali presentano diversi sottotipi istologici con differente prognosi e aggressività, i tre più frequenti sono il carcinoma a cellule chiare (80-90%), papillare (10-15%) e a cellule cromofobe (4-5%). Più rari sono i sarcomi che originano da tessuti diversi. Nei bambini il tumore più frequente è il tumore di Wilms.
La stadiazione clinica del tumore cioè l’estensione è basata sul sistema TNM che valuta l’estensione locale del tumore (T), la presenza o meno di metastasi dei linfonodi regionali (N) e metastasi a distanza (M). La gradazione del tumore, cioè la differenziazione delle cellule tumorali, è basata sul grado di Furhman o ISUP.
La prognosi del tumore peggiora con l’aumento dello stadio e del grado istopatologico. I pazienti con tumori di piccole dimensioni hanno un tasso di sopravvivenza a 5 anni superiore al 90% mentre tumori che si sono diffusi hanno una prognosi infausta. Alcuni fattori sono associati ad una prognosi peggiore tra cui fattori istologici quali la differenziazione sarcomatoide, la necrosi tumorale, l’invasione del grasso perirenale e della via escretrice e fattori clinici quali uno scarso performance status, cachessia e anemia.

Come si cura il tumore localizzato

La terapia del tumore renale localizzato è la chirurgia. La nefrectomia parziale permette di risparmiare la porzione di rene non interessata dal tumore e va preferita alla nefrectomia radicale (asportazione completa del rene) che invece deve essere riservata ai tumori avanzati, quando il tumore si trova in una posizione sfavorevole e nei pazienti con scadenti condizioni cliniche. Nel tumore localizzato non è necessaria la rimozione dei linfonodi né del surrene a meno di una evidenza di coinvolgimento radiologica o intraoperatoria.
La chirurgia mini-invasiva laparoscopica va preferita alla chirurgia a cielo aperto poiché a fronte di risultati oncologici equivalenti si hanno minori perdite ematiche intraoperatorie, minore durata della degenza e della convalescenza, minor dolore post-operatorio. In mani esperte la nefrectomia parziale può essere eseguita con approccio laparoscopico puro o robot-assistito con minori perdite ematiche rispetto all’intervento open. Nei tumori avanzati è raccomandata la nefrectomia radicale open.
L’intervento chirurgico può essere evitato quando tumori renali di piccole dimensioni sono riscontrati incidentalmente in pazienti anziani o con altre patologie che controindicano l’intervento chirurgico. La sorveglianza attiva prevede un monitoraggio periodico del tumore e un successivo intervento solo in caso di progressione.
In casi selezionati può essere eseguita l’ablazione del tumore grazie all’utilizzo del freddo (crioablazione) o del caldo (radiofrequenza) tramite l’introduzione percutanea TAC guidata di sonde direttamente nel tumore. Queste tecniche sono precedute dalla biopsia renale al fine di confermare la presenza di tumore ma presentato un rischio più levato di recidiva e progressione tumorale rispetto al trattamento chirurgico.

Sorveglianza post-intervento

Dopo l’intervento chirurgico il paziente deve sottoporsi a controlli periodici che consentono all’urologo di valutare eventuali complicanze postoperatorie, la funzione renale, la recidiva locale o nel rene controlaterale e l’insorgenza di metastasi. Il follow up prevede l’esecuzione della TAC del torace e dell’addome ogni anno nei pazienti ad alto rischio e ogni due anni nei pazienti a basso rischio.

Come si cura il tumore metastatico

Nei pazienti con malattia avanzata con una metastasi singola o poche metastasi l’intervento di nefrectomia citoriduttiva è curativo solo se associato alla rimozione dei focolai metastatici altrimenti ha uno scopo solamente palliativo e deve essere associato a terapie sistemiche. Le metastasi cerebrali e ossee possono essere trattate con la radioterapia.
Nel tumore metastatico la chemioterapia è stata sostituita da nuovi farmaci biologici in grado di bloccare la formazione dei vasi che nutrono il tumore come gli inibitori tirosinchinasici (sunitinib, pazopanib, sorafenib, axitinib) e gli anticorpi monoclonali anti-VEGF (bevacizumab) o di inibire recettori molecolari responsabili della proliferazione delle cellule tumorali come gli inibitori mTOR (everolimus, temsirolimus). La terapia più recente è l’anticorpo anti PD1 (nivolumab) che riesce a riattivare il sistema immunitario dell’ospite verso le cellule tumorali. Tali farmaci hanno la capacità di colpire in modo selettivo le cellule tumorali riducendo la tossicità per il paziente. Gli obiettivi del trattamento sono quelli di ridurre o posticipare l’insorgenza dei sintomi legati alla malattia, migliorare la qualità della vita e prolungare la sopravvivenza.